Un evento naturale avverso, che di solito può creare molti danni a cose e persone, può rivelarsi un’occasione da cogliere al volo: è ciò che è successo a Valli del Pasubio, piccolo borgo del vicentino sito nel cuore dell’Alta Val Leogra, a due passi dal confine con il Trentino.

Una frana infatti ha reso impraticabile un tratto della leggendaria Strada del Re. Serviva un modo per aggirare questo ostacolo e tornare a riunire il Rifugio Campogrosso, rimasto per un po’ di tempo isolato, al Pian delle Fugazze. Così è nato il Ponte Tibetano, divenuto una delle maggiori attrazioni del territorio, comunque ricco di memorie storiche e di bellezze naturalistiche.

La nascita del Ponte Tibetano di Valli di Pasubio

Valli di Pasubio è un borgo montano situato sulla Provinciale 46 tra Rovereto e Vicenza, lambito dalle vette delle Piccole Dolomiti, dal gruppo montuoso del Carega a quello del Sengio Alto fino al Pasubio. Quest’ultimo è considerato un Monte Sacro all’Italia, essendo stato teatro di feroci battaglie tra Regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Ai caduti di entrambe le fazioni è dedicato il Sacello Ossario, nel cui antistante parcheggio si può lasciare l’automobile alla volta del Ponte Tibetano di Valli di Pasubio.

Per raggiungere il punto iniziale bisogna percorrere la Strada Provinciale 99 che collega la Malga di Campogrosso (e il relativo rifugio) con quella di Cornetto.

Il Ponte Tibetano

Il percorso inizia sulla Strada del Re, costruito nel 1918 dal re Vittorio Emanuele III, percorribile anche da bambini e con passeggini, tranne ovviamente il tratto interessato dalla frana. In realtà, più volte si è cercato di ripristinare la viabilità ma i continui smottamenti hanno fatto desistere da ogni altro tentativo. Percorrendo la Strada del Re per una quarantina di minuti, si arriva all’ingresso gratuito del Ponte Tibetano.

Inaugurato nel 2016, permette di collegare i 1163 mt di altezza del Pian delle Fugazze e i 1460 mt di altezza del Rifugio Campogrosso. È considerato uno dei più lunghi ponti tibetani in Italia, sfiorando i 105 mt. Il ponte è alto all’incirca 35 mt. Domina le Prealpi venete ed è stato costruito essenzialmente in acciaio, sia nella pavimentazione a griglie rigide sia nella maglia metallica che la costeggia. La presenza poi di corde antivento permette di mitigare il naturale dondolio che si verifica al passaggio dei visitatori.

In caso di maltempo o di giornate particolarmente ventose, il Ponte Tibetano è comunque chiuso per motivi di sicurezza. Molto importanti sono poi le regole di comportamento illustrate a chi si appresta ad attraversare il Ponte Tibetano.  Per esempio, il divieto di saltellarci sopra e l’obbligo, non sempre rispettato, di mantenere una certa distanza dagli altri avventori.

Dal ponte tibetano al Sacello-Ossario

Oltrepassato il Ponte Tibetano e dopo aver goduto del panorama sulle vette delle Piccole Dolomiti, si raggiunge Rifugio Campogrosso. Qui è possibile ristorarsi con un buon piatto di salsiccia, funghi e polenta. Intorno alla struttura sono disseminate alcune postazioni di combattimento usate durante la Grande Guerra.

Per tornare indietro al parcheggio dell’Ossario di Valli di Pasubio si può percorrere il Sentiero CAI n.170. Questo porta gli escursionisti ad attraversare pascoli spesso punteggiati da mucche, una forcella a 1585 mt di altezza e una serie di tornanti con l’imponente Monte Carega sempre sullo sfondo.

Curiosità

Non tutti sanno che il Ponte Tibetano di Valli di Pasubio è chiamato anche Ponte del Donatore Avis. Il motivo è legato a una tragedia verificatasi nel 1956, quando un autobus precipitò da una scarpata, a causa del maltempo o di una distrazione del conducente. Morirono 15 persone e molti furono i feriti ricoverati all’ospedale di Schio. L’emergenza di sangue che ne conseguì scatenò una gara di solidarietà da parte dei donatori Avis che, un anno dopo circa, diedero vita alla sezione comunale “Avis” di Schio.

Dopo la traversata del ponte tibetano si raggiunge il Sacello-Ossario, che merita una doverosa visita per omaggiare i caduti della Grande Guerra, italiani ma anche austro-ungarici. La costruzione assomiglia curiosamente a un faro, alto 35 mt e culminante con una lanterna, proprio come se si trovasse in un tipico paesaggio marittimo.

L’ossario vero e proprio si trova nel basamento al primo piano, mentre il Sacello con la Cappella Votiva è al secondo piano, affrescata con scene che omaggiano i soldati e le loro gesta. In cima invece c’è la Terrazza, da cui si ammira il paesaggio circostante, con in basso il Museo della Prima Guerra Mondiale, in una costruzione a forma di L e i cannoncini, disseminati proprio ai piedi del Sacello-Ossario.